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Qualche spunto per parlare di Smart Working

Come per ogni tema anche lo Smart Working è diventato oggetto di tifoseria: c’è la fazione che dice “impossibile non farlo: solo da remoto” e l’altra all’opposto “giammai: si lavora solo in presenza”. Credo che entrambe le fazioni estremiste siano nel torto e che si debba considerare lo Smart Working (inteso in senso esteso) come uno strumento da usare all’interno di una strategia precisa.

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Strumenti e strategia

In queste primissime righe abbiamo già dato alcuni spunti importanti che consentono di valutare meglio il discorso.

Innanzitutto lo Smart Working è uno strumento e, come tale, ha aspetti positivi, negativi, punti di forza, debolezza, aree di applicazione etc. La stessa cosa si può dire del lavoro in Presenza o degli approcci Ibridi.

Se questa modalità di lavoro è uno strumento deve essere scelta sulla base di una strategia aziendale (che non può essere “non mi piace non vedere le persone”), di un contesto specifico e di una valutazione appropriata. Su questo punto a me piace una frase

The essence of strategy is choosing what not to do

Michael Porter

Non è scritto da nessuna parte che di debba lavorare in presenza o che si debba lavorare da remoto: è fondamentale essere consapevoli delle possibilità e decidere cosa perseguire e cosa invece non fare. Andiamo ora a parlare nello specifico di questi due strumenti: il lavoro in presenza e il lavoro da remoto.

Tra lavoro in presenza e remoto

Ci sono ormai numerose esperienze di successo di lavoro da remoto: come non citare Automattic (dato che siamo su WordPress), Zapier, Gitlab come casi noti (ma la lista è estremamente lunga). Abbiamo un sacco di bibliografia e indicazioni su come funziona, come realizzarla e i problemi. D’altra parte conosciamo anche molto bene il lavoro in presenza, i suoi punti di forza e le sue criticità.

Prima di passare a un’analisi di dettaglio possiamo dire che il lavoro da remoto richiede una maggior organizzazione da parte dei team (e in generale dell’impresa) mentre il lavoro in presenza consente oggi una maggior velocità per i team. Altro aspetto generale è che per le imprese che nascono “full remote” l’organizzazione è più semplice rispetto alle aziende che devono poi transitare dalla presenza al remoto.

Considerazioni sul lavoro da remoto

Come già detto è possibile avere imprese che funzionano bene e che hanno una buona cultura con persone che lavorano da remoto.

Tra i vantaggi di questa modalità sicuramente abbiamo :

  • un abbattimento delle barriere geografiche con la possibilità di attingere a persone e talenti di tutto il mondo;
  • una gestione del lavoro per obiettivi più che per tempo con un conseguente elasticità per la gestione del tempo lavorativo/personale;
  • un risparmio sui tempi di trasporto e un minor uso dei mezzi di trasporto.

Tra gli svantaggi possiamo invece elencare come elementi principali:

  • necessità di una forte organizzazione (struttura, processi e strumenti) per tutte le attività;
  • comunicazione e feedback meno veloci rispetto alla presenza;
  • la cultura è costruita e non avviene casualmente;
  • selezionare persone con una predisposizione adatta a questa modalità;
  • potenziali differenze tra dipendenti in aziende che hanno produzione e amministrazione;
  • gestione di contratti e stipendi in varie parti del mondo.

Questi sono alcuni elementi generali non collegati a disfunzioni (o antipattern) particolari come “da casa mi interrompono meno e lavoro di più”. In questo caso non è un problema del lavoro in presenza, ma delle modalità con le quali è stato implementato il lavoro in ufficio (tant’è che alcune persone negli ultimi anni hanno iniziato a vivere all’interno di Zoom o Webex o altri sistemi perché si è tentato di replicare quella modalità).

L’elemento più interessante (e complicato) del lavoro da remoto è sicuramente la sua organizzazione: un lavoro asincrono (che non richiede la presenza degli interlocutori in contemporanea) richiede la definizione delle modalità di lavoro e una organizzazione dei processi molto maggiore rispetto a quanto sia necessario per un lavoro in presenza (che è mediamente sincrono). Da questo punto c’è un grosso lavoro sulle modalità di lavoro e la definizione di cosa può essere sincrono e cosa asincrono.

Sul punto della comunicazione e feedback riprendiamo per un secondo i principi dell’Agile Manifesto

The most efficient and effective method of conveying information to and within a development team is face-to-face conversation

Principles behind the Agile Manifesto

Non si dice che è l’unico modo, ma che è il più efficiente: in presenza posso verificare e parlare con il collega immediatamente, da remoto è più strutturato. Se guardiamo le esperienze positive sul remote working tutti, tutti tutti dicono che è necessario aumentare la comunicazione e strutturarla: da questo punto di vista è richiesta una maggior disciplina alle persone che fanno parte di queste imprese (anche per evitare di lavorare sempre).

Mediamente le imprese che fanno remote hanno anche degli incontri periodici (di team, nazionali o globali) per andare a sviluppare alcuni elementi (es. conoscenza dei colleghi, sviluppo di progetti specifici etc.).

Un altro punto interessante e da considerare è che si può fare remote working solo per coloro che si occupano di elementi immateriali (tendenzialmente knowledge e creative worker): una buona fetta di lavori non possono essere fatti da remoto banalmente perché richiedono macchinari specifici, linee di produzione etc. Questo ovviamente rischia di creare dei dipendenti di serie A e serie B con una serie di criticità da gestire.

Considerazioni sul lavoro in presenza

Più o meno conosciamo tutti questa modalità: c’è un ufficio, un orario, un team e si va avanti così.

Anche qui guardiamo quali sono i vantaggi:

  • disponibilità istantanea dei colleghi e delle informazioni (supermercato informativo);
  • postazione di lavoro che rispetta tutte le normative e i canoni;
  • gestione semplice degli orari lavorativi;
  • apprendimento per esposizione con feedback istantaneo.

Guardiamo gli aspetti negativi sono quattro:

  • possibilità di attingere solo a persone geograficamente prossime;
  • gestione del lavoro in modalità prevalentemente sincrona;
  • valutazione del lavoro su base oraria e non a performance;
  • il supermercato informativo porta a ignorare processi, strumenti, regole e struttura.

Gli aspetti negativi sembrano meno rispetto a quelli elencati per il lavoro da remoto, ma l’ultimo punto è un elefante perché è quello che mediamente porta a tutte le disfunzioni negli uffici. Il “management by crisis”, “lavoro da casa perché qui è un casino”, “hai due minuti?” e in generale molto dell’odio verso il lavoro in presenza nascono da questo ultimo punto.

Se infatti l’impresa remota ha la necessità di darsi processi, strumenti, disciplina etc. questi aspetti mediamente nel lavoro in presenza non vengono sempre strutturati poiché è molto facile sopperire alla presenza:

Non c’è documentazione? Vai a chiedere al collega. Non sai come si fa una cosa? Vai a chiedere alla collega.

Credo che la maggior parte delle persone che hanno lavorato in ufficio abbiano vissuto esperienze di questo tipo: alla mancanza di organizzazione si sopperisce interrompendo o comunicando.

Da questo punto di vista è interessante notare come spesso si creda che sia più facile creare cultura aziendale in presenza, ma in mancanza di processi, regole etc. la cultura aziendale diventa “la disorganizzazione”, cosa che come abbiamo visto non può accadere da remoto (per i vincoli di questa modalità).

Dovendo però ricordare un aspetto positivo dei team co-locati (visto in negativo nel lavoro da remoto) ovviamente abbiamo la velocità di feedback e comunicazione (ammesso che vi siano dei processi e non mero casino). Pensiamo agli ultimi due anni: ancora oggi si perdono minuti su minuti per webcam che non funzionano, “scusa sei in muto”, “spengo il video perché sono in macchina”.

E le modalità ibride? In questi anni ho lavorato con tanti team e ho visto le reazioni e i commenti di altri colleghi: mediamente con le attività ibride ti viene voglia di colpire i partecipanti con il PMBOK® (sesta edizione) banalmente perché nella maggior parte dei casi, invece di prendere il meglio dei due mondi, si prende il peggio.

La modalità ibrida richiede l’organizzazione del lavoro da remoto (e la sua disciplina) unita alla pianificazione delle attività in presenza: ci sono casi in cui funziona (ed è bellissimo lavorare con quei team), altri in cui ti viene voglia di tornare in presenza.

Un confronto

Andiamo ora a confrontare alcuni degli aspetti elencati in precedenza per vedere le differenze tra le due modalità (ovviamente su elementi generali e non su approcci specifici)

Lavoro in presenzaLavoro da remoto
Modalità di lavoroPrevalentemente in maniera sincronaPrevalentemente in maniera asincrona
PersonePosso attingere alle persone e ai talenti che geograficamente sono vicine (o aggiungere i costi di spostamento)Posso lavorare con le persone di miglior talento indipendentemente da dove vivono
FormazioneLe persone apprendono per prossimità con i colleghi e con sessioni ad hocFormazione individuale e con sessioni ad hoc
InnovazioneMaggior possibilità di contaminazione anche casualeStrutturata e con processi
SpaziLa postazione di lavoro è uguale per tutti e rispetta alcune norme di baseOgni persona organizza o sceglie i suoi spazi
ComunicazioneRisorse immediatamente disponibili con massima bandaStrutturata e con processi e con banda limitata
FeedbackPossibilità di interazione e verifica istantaneaStrutturata e con processi
Tipologia di lavoroMateriale e immaterialeImmateriale
Gestione del tempoOrganizzata secondo orari specificiLibertà di organizzazione

Cosa fare?

Ogni impresa, a seconda del suo contesto e della sua strategia, sceglierà la modalità che consente di raggiungere al meglio i suoi obiettivi anche passando per approcci ibridi (che risultano ancora più complesse per certi versi).

Prendiamo Tesla per analizzare un caso. Recentemente si è parlato della scelta di tornare in presenza da parte di Musk: a cosa si deve questa decisione? Non a un capriccio, ma ad una precisa visione: Tesla ha come elemento cardine la velocità. Da questo elemento a cascata la scelta degli strumenti e di conseguenza un ritorno alla presenza: essendoci un prodotto fisico (materiale) al quale si legano anche componenti software (immateriali) e volendo implementare dei feedback istantanei, la scelta è quasi obbligata. Su questo punto per chi vuole approfondire c’è una intervista a Joe Justice su Agile FM

Attenzione poiché questa strategia si applica solamente in quel contesto che ha una organizzazione molto particolare e una visione specifica: non è possibile prenderla come unica soluzione e pensare di poterla implementare in altre realtà analoghe. Come sempre è molto più complesso.

Per cui oggi non è tanto una discussione su “lavoriamo da remoto” o “lavoriamo in presenza”, ma come sempre tornano alcune domande chiave: cosa vogliamo fare? come vogliamo farlo? qual è la soluzione ottimale? Sulla base delle risposte scegliere.

person using macbook air on table

Lavorare da remoto o in ufficio?

In questo periodo si è parlato tanto di lavoro “non in un ufficio”: è stato affrontato il tema giuslavoristico, si è parlato del fatto che spesso non è “Smart” o “Agile” ma semplicemente la continuazione dell’ufficio, ma con altri mezzi (riprendendo un classico di von Clausewitz 1, ma secondo me c’è stata poca attenzione a cosa voglia dire per i team e in generale per l’organizzazione sui progetti.

Un picco di consapevolezza

L’epidemia che si è abbattuta in Italia a partire da febbraio 2020 ha costretto molte persone ad accettare che molte attività potessero essere fatte da casa (o in qualunque altro luogo) e che l’idea che l’ufficio sia il luogo della produzione sia un retaggio del passato (o quantomeno valido realmente solo per alcuni settori o per alcune professioni molto specifiche).

Prima non era possibile?

Assolutamente sì: ricordo le mie prime giornate di lavoro da remoto ancora in Hagakure nel 2010 e sicuramente anche prima qualcosa era possibile fare. Tecnologicamente parlando sono almeno 10 anni che è possibile lavorare “fuori” dall’ufficio.

Ci sono anche innumerevoli casi di successo o case studies 2: i primi tre che mi vengono in mente sono Automattic (remota fin dalle origini nel 2005), Zapier (remota anch’essa fin dalle origini nel 2011) e Buffer (sempre nel 2011 e autrice di alcuni esperimenti non indifferenti come gli Open Salaries nel 2013). E sono le prime che mi vengono in mente: probabilmente ne esistono altre centinaia (anche in Italia, non solo all’estero).

Ma quindi, se era possibile da un punto di vista tecnologico e vi erano già degli apripista, come mai si è spesso tirato il freno a mano? Il fatto che qualcosa sia possibile non lo rende automaticamente credibile e fattibile.

Tra la teoria e la pratica, in teoria non c’è differenza. In pratica c’è

Yogi Berra

Dovendo trovare una ragione profonda banalmente perché è più complesso, soprattutto su tre assi (focalizzandoci sempre sul team): organizzazione, comunicazione e più in generale cultura, tre aspetti profondamente interconnessi.

Due considerazioni sull’ufficio

Vi siete mai chiesti per quale motivo i team di eSport si allenino nella stessa stanza? Si può benissimo giocare a LoL da qualunque parte del mondo, quindi perché riunirsi nello stesso spazio?

Molto semplicemente per fare in modo che una serie di persone (gruppo) diventino una squadra (team) e per fare questo è più efficace ed efficiente farlo nello stesso spazio.

Vorrei sottolineare più efficace e più efficiente: si può fare anche da remoto, ma potrebbe volerci molto più tempo e i risultati potrebbero non essere gli stessi.

Se prendiamo ad esempio anche la filosofia Agile vi è sempre stato una grande attenzione alla co-locazione del team di lavoro che emerge ad esempio nei principi:

  • […]work together daily[…]
  • […]give them the environment[…]
  • […]face-to-face conversation[…]

Perché anche qui questa insistenza? Perché l’idea alla base di questa modalità di lavoro troviamo, tra le altre cose, la riduzione dell’incertezza portando un gruppo di persone a diventare un team di lavoro. Avere tutte le persone nella stessa stanza, per esempio, rende più semplici gli scambi comunicativi, in caso di dubbio il collega è disponibile per un confronto, tutti sono costantemente allineati 3.

Tornando però al team che condivide gli stessi spazi, il fatto di abitare un medesimo luogo facilita (qualora siano presenti le giuste condizioni) i passaggi all’interno del ciclo di Tuckman ed è quindi, teoricamente possibile, arrivare rapidamente al Performing.

Da remoto questo passaggio non è impossibile, ma è decisamente più difficile (in quanto la socialità è ridotta e le dinamiche//interazioni di gruppo ridotte, cosa che può portare a una minor visibilità sulle criticità tra i membri del team).

Se l’ufficio è da un lato quindi un supermercato informativo 24/7 (se ti serve qualcosa c’è il collega a disposizione), ecco che questo può nascondere tutta una serie di inefficienze che rendono difficile il lavoro da remoto:

  • se una persona è visibile posso “controllare” che sia al computer;
  • se un processo non è definito posso chiedere rapidamente a un collega;
  • se ho un dubbio su qualcosa posso alzare la testa e parlare con un altro membro del team.

Partiamo dall’ultimo punto: la comunicazione, croce e delizia del lavoro in ufficio. Spesso si ritiene il lavoro da casa più produttivo perché sono meno presenti le interruzioni (posto che lavorare da casa con dei bambini annulla immediatamente questa condizione), ma solo perché stiamo nascondendo il vero problema ovvero la mancanza di rispetto e una comunicazione strutturata.

La mancanza di una comunicazione completa, chiara, corretta e tempestiva rende molto, molto, molto difficile lavorare da remoto: ricevere informazioni incomplete, poco chiare, parziali e a poco tempestive (la classica opportunità delle 17.58 da consegnare la mattina dopo) è diffusa in ufficio perché, purtroppo, è più semplice da gestire.

Parlando sempre di semplicità e gestione, possiamo risalire e parlare di processi: se non c’è chiarezza su come fare le cose, l’ufficio è straordinario nel nascondere le inefficienze (tanto, come abbiamo detto poco sopra, basta interrompere un collega per trovare la risposta).

Sapere a chi rivolgersi (che è banalmente la mappatura di ruoli/competenze/capacità) e sapere cosa fare senza dover chiedere ogni volta a qualcuno sperando abbia la risposta da remoto rende molto, molto, molto difficile lavorare.

Infine, se non sono chiari i processi, se non ho organizzato il lavoro per modalità sincrone e asincrone, ecco che la valutazione della famigerata produttività difficilmente si potrà basare sui risultati, ma solo sulle ore passate davanti allo schermo.

Per cui, se l’azienda non è organizzata (o non vuole farlo) lavorare da remoto diventa quasi un incubo ed è, ancora una volta, un tema di cultura aziendale.

Ufficio vs Remoto

Se abbiamo superato la dicotomia libro vs e-book (l’abbiamo superata vero?) comprendendo che sono due strumenti differenti che rispondono a esigenze differenti, ecco che anche la contrapposizione dei luoghi perde di senso. Ovviamente bisogna valutare punti di forza e debolezza delle soluzioni, il contesto nel quale si è inseriti e trovare il bilanciamento ottimale.

Anche in Agile, lavorare da remoto è possibile, introduce delle criticità, ma è fattibile: la cosa che credo difficile è pensare che la capacità di creare legami con gli altri non sia fondamentale per lavorare su problemi complessi o su prodotti nuovi, il passaggio da Knowledge Worker a Creative Worker.

Dal mio punto di vista credo che l’ufficio da luogo di produzione sia (o stia diventando) il luogo della socialità: è il posto in cui crei legami con i colleghi, crei cultura aziendale, definisci alcune attività che da remoto sarebbero più complicate (le parole sono importanti: non sono impossibili, solo più complicate). Non è un caso se anche le aziende che da anni sono full remote abbiano una/due volte l’anno degli incontri globali dove tutti i membri dell’azienda si possono incontrare e socializzare.

Infine credo comunque che per generare valore nel modo più rapido con un team (per cui se si lavora individualmente cade tutto), il fatto di condividere uno spazio minimo due volte alla settimana sia, al momento, irrinunciabile. Se invece esistono già dei processi, una buona cultura aziendale, siamo vicini al performing come team, una inception di progetto in presenza (in quanto allargata anche ad altri Stakeholder non parte del team), e poi si può lavorare anche in full remote.

Se però pensiamo di prendere un ufficio e, senza cambiamenti, senza lavoro accessorio, portarlo magicamente da remoto il risultato è uno solo

Nel frattempo altre imprese e altri ecosistemi avranno fatto passi da gigante

Note:

  1. Autore del testo “Della Guerra
  2. Quando si diffonderà anche qui la consapevolezza che la Case History è, nel mondo anglosassone, la storia clinica sarà sempre troppo tardi
  3. Ci sarebbe molto altro da dire sulla condivisione degli spazi e la collaborazione, ma prendiamo per un secondo molti uffici italiani: in quanti ci sono dei team e in quanti invece ci sono delle persone che lavorano da sole all’interno della stessa area funzionale?