I mercati di Kanizsa



Questo post ha piu' di sei mesi. Le informazioni contenute potrebbero non essere aggiornate: ultima modifica: 18.12.11

Cosa vedete in questa figura? a) un quadrato b) un triangolo c) due triangoli ?

Alcune delle figure di Kanizsa per illustrare il funzionamento della percezione visiva

Sbagliato, ma non vi preoccupate, è un errore che commettono tutti. Ecco le risposte corrette: a) Quattro figure circolari b) Tre segmenti concavi c) Tre segmenti concavi e tre figure circolari.

Purtroppo nessun quadrato e nessun triangolo: si tratta infatti di un illusione ottica piuttosto famosa (nello specifico dei triangoli e dei quadrati di Kanizsa): diciamo, semplificando le teorie della percezione visiva, che le persone tentano di vedere l’ordine e di trovare una spiegazione  a qualunque costo, ad esempio congiungendo delle linee che in realtà non sono tracciate.

Facciamo adesso un altro esperimento: cosa vedete in questa figura?

Le icone di alcuni social media con uno spazio vuoto al centro dove, erroneamente alcune persone vedono dei mercati

Se avete risposto mercati avete commesso un errore piuttosto comune, in realtà ci sono solamente conversazioni.

Più tempo passo sui Social Media (sia per lavoro che per diletto)  più mi rendo conto che alcuni tendono a pensare che questi siano lo spazio ideale per vendere qualcosa. In realtà le persone non sono sui Social Network per comprare, ma per discutere, raccontare qualcosa oppure per farsi i fatti del vicino di casa o per trovare qualche informazione utile (dopotutto anche gli utenti di Facebook sono degli informivori).

Rimanendo sempre in ambito cognitivo possiamo parlare di affordance (ogni oggetto contiene nella sua forma le istruzioni per il suo uso) e l’affordance dei Social Network è rappresentato dall’interazione e dallo scambio comunicativo, non dal tentativo di vendita o da qualcosa di simile (ad esempio parlare unicamente dei propri prodotti). Il problema, in questo caso è che l’uso scorretto del mezzo, viene sanzionato a livello sociale dagli altri membri del gruppo.

I mercati non sono conversazioni, non sono razionali, non sono logici; durante uno dei pranzi durante le feste di Natale mio padre ha detto che i mercati sono emozioni: nonostante le diatribe sulla semantica delle emozioni, penso che questa sia un’affermazione alquanto corretta anche se preferisco riscriverla partendo dal principio logico d’identità (A=A) i mercati sono mercati e sono governati dalle emozioni e dall’istinto. La maggior parte delle scelte che facciamo quando acquistiamo un bene avvengono infatti a livello emotivo/istintuale, la componente razionale arriva dopo (quante volte abbiamo giustificato un acquisto perché “mi serviva assolutamente una nuova smerigliatrice/appleTv/samsung?). Le emozioni governano anche il nostro rapporto con gli oggetti e le interfacce: se infatti un prodotto/GUI sono esteticamente piacevoli tendiamo a ignorare gli errori e, di conseguenza, ci appaiono migliori (a riguardo consiglio di leggere Emotional Design) ed è una delle grandi lezioni della Apple.

A cosa servono allora i Social Media? A parlare con i propri clienti, ad ascoltare i loro bisogni ed i loro problemi con i prodotti ed i servizi e a cambiare quello che non va. Sperare che le persone parlino bene dei prodotti solo perché il brand ha una pagina su Facebook è pura follia, anzi, spesso si assiste ad una carneficina: se il tuo servizio è pessimo, non c’è campagna pubblicitaria o investimento media che tenga.

Seneca insegna: “Ferri d’oro non rendono il cavallo migliore”. Perché con i Social Media dovrebbe essere diverso?

Ne “I miti di Madison Avenue”, uno dei miei riferimenti per quanto riguarda la comunicazione, si dice che “La comunicazione stimola la vendita di un prodotto buono e velocizza la scomparsa di quello cattivo”, quindi ritengo che in molti casi più che cercare di convincere gli utenti che tutto va bene, sarebbe il caso di ripensare il proprio sito o la propria offerta o il proprio prodotto.

Dopotutto quando una persona s’imbatte in un servizio/prodotto che funziona e che lo soddisfa, sarà lui a parlarne ai propri contatti senza il bisogno di essere spinto da una pagina fan.

1 reply
  1. Maurizio Molinari
    Maurizio Molinari says:

    Riflessione molto interessante Pietro, anche a me pare che molte volte le aziende pensano di sopperire con la comunicazione alle carenze del proprio prodotto o servizio: niente di più sbagliato, quantomeno nel medio periodo.

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