Antani canvas
L’altro giorno avevo fame e volevo fare una macedonia, ma non avevo gli ingredienti in casa e, oltretutto, non sapevo se era quello di cui avevo veramente voglia. Per cui ho preparato un personal branding canvas per capire se e come la macedonia si inseriva nella mia strategia di comunicazione.
Ho quindi preparato un value proposition canvas per decidere se nel weekend avrei potuto prepararla anche per gli ospiti: sul muro della cucina ho quindi analizzato i need, i pain e i gain dei miei ospiti per poi definire l’offerta della macedonia. Ho costruito con del cartone un pretotipo per decidere la forma del piatto.
Non sapendo però quale sarebbe stato la modalità migliore e gli ingredienti ideali da mettere nella mia macedonia ho preparato un product canvas (dopo aver chiamato uno degli ospiti in modo da comprendere i requirement degli stakeholder) in modo da poter inserire nel backlog la frutta e definire frutti con maggior priorità nello sprint backlog. Nel kanban ho quindi inserito il task “spesa” e l’ho spostato in WIP,
A quel punto sono andato al supermercato dove una persona mi ha chiesto se avessi pensato alla mia customer journey e mi fossi reso conto di essere un target dinamico e un consumatore multicanale. A quel punto abbiamo deciso di creare uno shopping canvas per ottimizzare il mio percorso nel negozio tramite le tecniche di game storming.
A quel punto ho pensato che fosse necessario un fruit salad canvas in modo da sistematizzare i processi necessari per creare la macedonia ideale. Dopo aver appeso alcuni post-it sul muro del negozio (e aver spiegato ai commessi che si trattava di design thinking e che stavo valutando l’implementazione del business design) ho compreso che mancava una validazione empirica e che le mie metriche sul numero di mele erano vanity metrics.
Ho quindi preparato una javelin board e ho deciso di andare out of the building per chiedere ad altre persone di validare le mie ipotesi e ottenere delle actionable metrics secondo quanto prescritto dal metodo Lean Startup.
A quel punto ho parlato con tutti i dati a mia disposizione ho preparato un business model canvas per comprendere meglio il valore e la sostenibilità della mia macedonia e sistemare il fruit salad canvas. Ho quindi sketchato un Minimum Viable Product e con l’aggiunta di panna l’ho trasformato in un Minumum Lovable Product.
Ero pronto per comprare gli ingredienti e preparare la best fruit salad experience ever.
A quel punto il supermercato era chiuso e sono tornato a casa dove ho cucinato un uovo sodo. Forse però avrei dovuto preparare prima un egg canvas.
Morale
Il testo sopra è ovviamente ironico (andrebbe letto con la voce de “il milanese imbruttito“) e nasce da un post di Alessandro su Facebook dove scrive “Aa regà, velibbuco quei canvas” (autocit.)”
I canvas sono strumenti utilissimi (così come Agile, Lean, Lean Startup, Design Thinking etc.), ma se il tempo che passi a inventare canvas e disegnare sui post-it è superiore al lavoro realmente fatto c’è un problema. Anzi, più d’uno perché manca la comprensione della filosofia alla base dei canvas (strumenti che semplificano il lavoro consentendo di visualizzare in maniera rapida le attività per concentrarsi sui compiti in grado di generare maggior valore)
È interessante vedere come oggi, qualunque cosa tu voglia fare c’è un canvas: una volta si diceva “there’s an app for that!” ma oggi si può tranquillamente dire “there’s a canvas for that!” e la situazione sta un po’ sfuggendo di mano: il prossimo passo sarà l’antani canvas.
Nuovamente: i Canvas sono strumenti fondamentali, ma come tutti gli strumenti bisogna capire se, quando e in che contesto utilizzarli (evitiamo di usarli come martelli)
Featured image: Photo by drewgstephens – http://flic.kr/p/7jxFvV
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